“Se la gente usasse il cuore” (sottotitolo: “Natale 2.0”) è lo spettacolo presentato dall’Unità pastorale di San Giacomo e San Rocco di Guastalla il 6 gennaio scorso, presso il salone dell’oratorio di San Giacomo. Una “pièce” che ha visto il coinvolgimento, nelle vesti di giovani attori ed interpreti, di un folto gruppo di ragazzini – dalla 5a elementare alla 1a media – con il supporto di alcune figure di adulti a rivestire i ruoli chiave della storia. È l’ennesima conferma della vocazione “teatrale” di queste comunità, che lungo i decenni – a partire sin dalla metà degli anni ’90, con il musical “Semplicità, Sorella mia” (tratto da “Forza venite gente”), passando per “Fino al terzo cielo” (su San Paolo di Tarso), fino ad oggi – ha sempre impiegato il teatro come efficace strumento di aggregazione e vera potenzialità pastorale.
Testo originale e completamente inedito per la parte della prosa (soggetto e prima stesura sono a cura del diacono Paolo Prati e di Giancarlo Gelmini), “Se la gente usasse il cuore” ha nel recitato il suo aspetto preminente; non un vero e proprio “dramma”, ma una storia a tinte seriose, con l’intento di far riflettere, puntellata anche qua e là da momenti più leggeri ed ironici.
L’ispirazione nacque nel 2014, sulla scia della scomparsa di quel grande attore che era Robin Williams. L’idea era di portare in scena – tramite lo svolgersi di una serie di storie in parallelo – alcuni dei suoi personaggi più positivi, celebri ed indimenticati, tra cui l’amabile governante Mrs. Doubtfire ed il medico che regalava attimi di serenità nelle corsie d’ospedale, Patch Adams.
A dieci anni di distanza ne è stata proposta una versione riadattata e riaggiornata, nella sceneggiatura e nella regia (entrambe a cura di Matteo Gelmini), arricchita da diversi nuovi personaggi ma fedele allo spirito originario.
Intervallato da canzoni e intermezzi musicali a tema (che aiutano ad addentrarsi meglio nel clima della trama), lo spettacolo propone un intreccio di storie tutte ambientate nei giorni a ridosso del Natale. Storie che accompagnano lo spettatore dentro a situazioni ispirate alla vita reale: una famiglia unita che sta vivendo però un momento di difficoltà ed incomprensioni al suo interno; alcuni preadolescenti annoiati e disagiati che compiono atti di bullismo…
Il susseguirsi degli eventi porterà infine – attraverso una “casualità” soltanto apparente, o per meglio dire provvidenziale – a far sì che i vari protagonisti si incontrino fra loro, facendone uscire inaspettatamente un luminoso messaggio di umanità.
Un segnale di speranza che gli autori desideravano lanciare anche – e soprattutto – attraverso i ragazzi. E non a caso in chiusura delle feste: il brano finale infatti – “È Natale ancora” – è un invito a continuare a vivere, lungo tutto l’anno, lo spirito di bontà proprio del Natale.
L’evolversi delle vicende, che porterà infine i diversi personaggi a scegliere e a compiere “il bene”, riesce a suscitare sentimenti belli e profondi anche in chi assiste.
Una fiaba moderna, e tuttavia estremamente reale e concreta, proposta con l’intento di aiutare gli stessi spettatori – tra momenti di commozione, emozioni, risate e qualche attimo di suspense – a tirar fuori la parte migliore di sé, quella che ciascuno ha dentro, anche se spesso sopita, trascurata o dormiente.
A giudicare dai commenti entusiasti del numeroso pubblico presente, l’obiettivo (far riflettere sull’importanza di cercare di dare sempre il meglio di sé, “usando nel modo più giusto” quel cuore che noi tutti abbiamo in “dono”, e facendolo diventare il motore pulsante della nostra vita, a partire dalle più piccole e quotidiane situazioni), sembra sia stato ampiamente raggiunto.